Advisory Work
Definizione e origine del termine
Advisory Work è un termine inglese comunemente utilizzato nell’ambiente internazionale degli studi legali. Tradotto letteralmente, “advisory” significa consulente e “work” lavoro o attività. Nel contesto della consulenza legale e fiscale, “Advisory Work” descrive tutte le prestazioni legate alla consulenza di clienti. Ciò include, in particolare, il supporto attivo, l’analisi, lo sviluppo di strategie e l’accompagnamento orientato alla soluzione in diverse situazioni.
Diversamente dal termine “Litigation”, che si riferisce alla rappresentanza in controversie giudiziarie, o “Transactional Work”, che riguarda transazioni come acquisizioni aziendali, l’Advisory Work mira alla consulenza continuativa, prevalentemente preventiva o strategica su questioni legali, fiscali o aziendali.
Significato nel contesto dello studio legale
Uso tipico
Negli studi legali, l’Advisory Work comprende la redazione di pareri, la valutazione delle possibili azioni, la preparazione di commenti sulle novità legislative, lo sviluppo di misure di compliance o il supporto nell’implementazione di processi interni. L’obiettivo è fornire ai clienti basi decisionali solide, valutare i rischi ed elaborare soluzioni sostenibili.
Rilevanza per la clientela
L’Advisory Work si contraddistingue per l’accompagnamento continuo dei clienti. I servizi di consulenza possono riguardare tutti gli ambiti operativi dello studio, ad es. diritto societario, diritto tributario, diritto del lavoro o protezione dei dati. L’importanza dell’Advisory Work consiste soprattutto nella prevenzione e nella minimizzazione dei rischi, sviluppando soluzioni praticabili e giuridicamente sicure già in fase preventiva, prima di eventuali controversie.
Contesto normativo dell’Advisory Work
Aspetti giuridici e organizzativi
Il volume e la strutturazione dell’Advisory Work sono influenzati dalle normative giuridiche vigenti. La tipologia della consulenza dipende dal settore giuridico di riferimento, dalle esigenze individuali del cliente e da norme nazionali e internazionali applicabili.
Dal punto di vista organizzativo, i servizi di Advisory vengono spesso svolti in team pluridisciplinari, al fine di integrare diverse competenze e prospettive. È comune la collaborazione con altri consulenti, ad esempio nell’ambito finanziario o aziendale.
Aspetti culturali
A livello internazionale, approcci ed aspettative verso l’Advisory Work possono differire sensibilmente. Negli studi legali anglosassoni il termine è più diffuso ed ha una definizione ampia, mentre nel mondo germanofono si distinguono maggiormente altri termini (ad esempio consulenza, accompagnamento, parere).
Esempi pratici e scenari tipici
- Implementazione di nuove direttive di compliance: Uno studio legale assiste un’azienda nello sviluppo e nell’introduzione di regolamenti interni allo scopo di soddisfare i requisiti normativi.
- Analisi delle strutture contrattuali: Nell’ambito di rapporti commerciali internazionali, il consulente legale esamina diverse bozze per proteggere al meglio gli interessi della clientela.
- Valutazione dei rischi nei progetti di digitalizzazione: La consulenza serve alla valutazione dei requisiti in materia di protezione dei dati e dei possibili rischi di responsabilità.
- Accompagnamento nella ristrutturazione di un’impresa: In questo caso vengono analizzati aspetti organizzativi, fiscali e societari, con relativa emissione di raccomandazioni.
- Verifica delle novità nel diritto del lavoro: Lo studio informa regolarmente sulle modifiche legislative e fornisce consigli pratici per l’adeguamento dei contratti di lavoro esistenti.
Differenze rispetto a termini simili e possibili fraintendimenti
Advisory Work viene spesso equiparato a termini come Consulting, Counsel o Transactional Work. Mentre “Consulting” in senso ampio comprende anche la consulenza tecnica o aziendale, l’Advisory Work negli studi legali si riferisce specificamente al supporto su questioni giuridiche e/o fiscali.
Un ulteriore fraintendimento può sorgere nel confronto con “Litigation”. L’Advisory Work generalmente non è direttamente correlata a procedimenti giudiziari, ma funge da supporto e preparazione extragiudiziale.
Vi è inoltre una differenza rispetto al termine “Transaction”: mentre il Transactional Work è focalizzato soprattutto su operazioni commerciali specifiche e la relativa contrattualistica, l’Advisory Work è più ampio e non necessariamente legato ad una particolare operazione.
Domande frequenti (FAQ)
In cosa si differenzia Advisory Work da Litigation o Transaction?
L’Advisory Work è finalizzata a un supporto consulenziale, spesso continuativo. Al contrario, la Litigation riguarda la rappresentanza in controversie specifiche davanti al tribunale, mentre la Transactional Work si concentra prevalentemente sulla conclusione di operazioni commerciali.
In quali settori di attività di uno studio legale l’Advisory Work gioca un ruolo?
L’Advisory Work può essere rilevante in tutti i settori di competenza, dal diritto del lavoro, fiscale e societario alla protezione dei dati e alla ristrutturazione aziendale.
L’Advisory Work è rilevante anche per chi inizia la professione?
Sì, l’Advisory Work rappresenta spesso il punto di ingresso per le nuove colleghe e i nuovi colleghi, poiché consente di sviluppare capacità analitiche, precisione operativa e instaurare i primi contatti con la clientela.
Qual è il valore aggiunto dell’Advisory Work per i clienti?
Ricevono soluzioni su misura e lungimiranti che minimizzano i rischi ed ampliano i margini di azione, prima di arrivare a contenziosi.
L’Advisory Work può far parte di un team di progetto internazionale?
Sì, in particolare in questioni transfrontaliere collaborano consulenti di diverse sedi per garantire una consulenza completa.
Questo articolo offre una classificazione tecnica e una panoramica pratica del termine “Advisory Work” per orientare candidate, candidati e giovani professionisti nel contesto internazionale degli studi legali.
Domande frequenti
Quali requisiti legali devono essere rispettati nello svolgimento di Advisory Work?
Nello svolgimento di Advisory Work – ovvero dell’attività consulenziale nel contesto legale – in Germania devono essere rispettate numerose disposizioni di legge. In linea generale, i servizi di consulenza che costituiscono consulenza legale in casi specifici sono soggetti all’obbligo di autorizzazione ai sensi della legge sui servizi legali (RDG). Questo significa che solo le persone in possesso di una idonea abilitazione – di norma giuristi con relativa autorizzazione – possono offrire consulenza legale per conto terzi. Le violazioni del RDG possono comportare azioni di inibitoria, sanzioni amministrative e, in alcuni casi, conseguenze penali. Inoltre, nello svolgimento dell’Advisory Work devono essere rigorosamente rispettate le norme professionali della rispettiva categoria professionale (ad es. ordinamento degli avvocati per i legali, legge sulla consulenza fiscale per i commercialisti) così come le disposizioni sul trattamento dei dati (GDPR, BDSG). Può inoltre essere richiesta per legge una polizza di responsabilità professionale adeguata, al fine di tutelare i clienti da eventuali errori di consulenza.
In che misura sussiste l’obbligo di riservatezza nell’Advisory Work?
L’obbligo di riservatezza è un elemento centrale dell’attività consulenziale in ambito legale. Ai sensi dell’art. 43a comma 2 della BRAO (ordinamento degli avvocati) e di disposizioni pari per altre professioni consulenziali come i commercialisti (§ 57 StBerG) o i revisori dei conti (§ 43 WPO), i consulenti sono tenuti a mantenere il segreto su tutte le informazioni confidenziali di cui vengano a conoscenza nell’esercizio della loro attività. Ciò si applica anche nei confronti di terzi e autorità, salvo che il cliente non abbia espressamente autorizzato la deroga all’obbligo di riservatezza. La violazione di tale obbligo può avere conseguenze civili, penali e disciplinari, fino alla revoca dell’abilitazione professionale. Anche le persone giuridiche che svolgono attività di Advisory Work sono soggette a rigorosi requisiti di tutela della riservatezza dei dati della clientela.
Quali rischi di responsabilità esistono in relazione all’Advisory Work?
Nell’ambito dell’Advisory Work i consulenti rispondono in linea di principio per i danni causati da consulenze errate, a condizione che sia provata una colpa (negligenza o dolo). La responsabilità riguarda la violazione degli obblighi contrattuali derivanti dal contratto di consulenza nonché azioni extracontrattuali ai sensi dell’art. 823 BGB. Occorre inoltre considerare le specifiche norme sulla responsabilità per avvocati (§ 51 BRAO) e commercialisti (§ 67 StBerG), che di norma presuppongono una polizza di responsabilità professionale. La responsabilità può essere limitata contrattualmente, ma per legge vi sono limiti, ad esempio per dolo o colpa grave, esclusi da eventuali limitazioni. Inoltre, il consulente deve informare non solo su questioni giuridiche specifiche, ma anche su rischi generali, scadenze e alternative, per adempiere pienamente al dovere di diligenza.
Quali peculiarità si applicano all’Advisory Work transfrontaliera?
L’Advisory Work con collegamenti transfrontalieri è soggetta a numerose regolamentazioni nazionali e internazionali. I consulenti devono considerare non solo il diritto tedesco, ma anche quello straniero, il che spesso richiede la collaborazione con specialisti locali. Occorre prestare attenzione ai requisiti di diritto europeo (es. libera prestazione di servizi ex art. 56 TFUE, GDPR), all’applicazione del diritto internazionale privato (EGBGB in Germania), nonché alle condizioni di abilitazione professionale all’estero. In alcuni casi sono necessarie autorizzazioni o registrazioni aggiuntive se l’Advisory Work viene offerta a clienti con sede o interessi all’estero. Violazioni, ad esempio la consulenza legale non autorizzata all’estero, possono comportare sanzioni giuridiche nel rispettivo Paese.
Quali regole si applicano all’accettazione e alla cessazione del mandato?
L’accettazione e la cessazione di un mandato nell’ambito dell’Advisory Work sono soggette a precisi requisiti legali. Prima di accettare un mandato, i consulenti sono tenuti ad escludere conflitti di interesse (§ 43a comma 4 BRAO, § 6 BOStB), cioè a verificare la compatibilità della rappresentanza con altri mandati. Il rapporto di mandato nasce con l’offerta e l’accettazione; i dettagli sono generalmente disciplinati da un contratto scritto. La cessazione del mandato è in linea di principio possibile in qualsiasi momento, ma è previsto un obbligo informativo nei confronti del cliente, affinché questi non subisca svantaggi legali. Anche dopo la fine del mandato permangono in particolare gli obblighi di riservatezza e protezione dei dati. Va inoltre assicurata la corretta restituzione della documentazione e il rispetto dei periodi di conservazione previsti dalla legge.
A cosa occorre prestare attenzione nella disciplina della remunerazione dell’Advisory Work dal punto di vista giuridico?
La remunerazione per l’Advisory Work deve essere disciplinata in modo trasparente e conforme alla legge. Per gli avvocati trova applicazione la legge sulle tariffe degli avvocati (RVG), che determina le regole sulle parcelle e le tariffe ammesse. Sono possibili accordi individuali su compensi, ma soggetti a limiti di legge (ad es. nessun compenso a esito, salvo eccezioni ai sensi dell’art. 4a RVG). I commercialisti ed altre categorie hanno propri tariffari (ad es. decreto sulle tariffe dei commercialisti). La fatturazione, la scadenza, gli anticipi ed il rimborso spese sono regolati per legge; si applicano inoltre specifici obblighi informativi (es. ai sensi del § 3a RVG e norme equivalenti). Accordi tariffari viziati possono determinarne la nullità e addirittura sanzioni disciplinari.
Quali requisiti in materia di protezione dei dati devono essere rispettati nell’Advisory Work?
I consulenti nell’ambito dell’Advisory Work devono rispettare tutte le normative nazionali ed europee sulla protezione dei dati. Ai sensi del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), sono tenuti a proteggere in modo particolare i dati personali dei clienti e di terzi. Ciò comprende l’implementazione di misure tecniche e organizzative, la tenuta di registri delle attività di trattamento, la segnalazione delle violazioni dei dati e il rispetto dei diritti degli interessati (ad es. accesso, rettifica, cancellazione). Essi devono inoltre informare i clienti ai sensi dell’art. 13 GDPR sulle modalità di trattamento dei dati e prestare particolare attenzione nel coinvolgimento di sistemi informatici o servizi cloud. Violazioni della protezione dei dati possono comportare pesanti sanzioni pecuniarie, procedimenti penali e gravi danni reputazionali.